Roma2pass chiude la stagione 2015/2016 in bellezza, è proprio il caso di dirlo. Appuntamento all’angolo di Via Tagliamento con Via Arno, sotto l’arco che immette in Via Dora, alle 18,30 di giovedì 30 giugno.
La “passeggiata” attira, per la stranezza e la suggestione del luogo e difatti il gruppo dei partecipanti è piuttosto folto, nonostante il caldo imperversi.
E le suggestioni iniziano proprio al cospetto dell’arco di cui sopra, che unisce i Palazzi degli Ambasciatori, una sorta di “confine” tra la Roma così come siamo abituati a viverla e questa “enclave” di architettura e creatività senza limite, testimone di una simbologia ricca di misteri e di riferimenti culturali ed esoterici.
Piergiorgio, prima di muoverci, ci da un breve quadro storico-urbanistico del quartiere: così ne sappiamo un po’ di più dell’architetto Gino Coppedè, del suo progetto presentato intorno alla metà del secondo decennio del secolo scorso, nel più ampio disegno espansivo della città tra i confini dei Parioli e quelli dei “nuovi” quartieri Salario e Trieste. L’edificazione sarà completata dopo la sua morte nel 1927.
Consta di diciotto palazzi e ventisette tra palazzine e villini, tutti articolati all’intorno di Piazza Mincio. Il traffico quasi inesistente, con ampi parcheggi disponibili per le auto, circostanza questa inusuale per vie solitamente invase nei giorni di lavoro da mezzi di ogni genere, rende il quartiere ancora più irreale.
E proprio intorno alla “Fontana delle Rane” della piazza è la prima sosta, guidati da una preparatissima, quanto giovane “urbanista”: Micaela Scacchi.
Una fontana che dà suggestione, con le sue due vasche superiori l’una all’altra e le rane che sovrastano rivolte però all’interno. Ci guardiamo attorno, ovunque la fantasia creativa sovrasta ogni razionalità architettonica che pure è presente con elementi forti, ma ugualmente colpisce la vista la frequente simbologia d’ogni tempo, con simboli esoterici, classici della romanità e altri ancora, più o meno esplicitamente massonici.
Sulla piazza, il numero civico 3, ornato, nell’arco che conduce all’ingresso, di lucertole e gechi, simboli di buona sorte, meriterebbe un premio alla cinematografia per aver ospitato set di numerosi film; i Villini della Fate, adiacenti l’uno all’altro, con affreschi murari che ricordano classicità e cultura, nella plasticità delle architetture riconducesti alla torretta sovrastante (ma è un villino o un piccolo castello?); il Palazzo del Ragno, così chiamato per il decoro che capeggia il portone di ingresso: le facciate presentano riferimenti assiro-babiloniesi con le consuete simbologie (grifoni, bocche di leone e altro, ma molto altro ancora). Corre voce che sia residenza di un noto imprenditore romano. Non se ne fa però il nome. Meglio così.
Scorriamo per le vie deserte, seguendo Micaela che distribuisce notizie senza sosta, in un susseguirsi di costruzioni discrete, “consapevoli” delle regole del quartiere. Anche le ambasciate che ritroviamo, sembrano disabitate. Che non lo siano veramente?
All’incrocio tra Via Ofanto e Via Aterno, sappiamo del lotto che fu di Beniamino Gigli, oggi “occupato” da graziose palazzine. Si ritorna a Piazza Mincio per il saluto di congedo, cui fa seguito la “pizza sociale” di fine stagione.
A ottobre si ricomincia!
Stefano Bellu